In questo traballante vagone ferroviario che è la vita capita di attraversare paesaggi di cui non ricordiamo il nome non sappiamo se sono esistiti o li abbiamo sognati deformandone i contorni non sappiamo neppure se i nostri compagni di viaggio sono saliti con noi o dopo e a quale punto del viaggio abbiamo sentito il bisogno di scendere perché guardando fuori di noi abbiamo trovato colpevole la nostra assenza chiusa in se stessa come una malattia conclusiva e il paesaggio non sta più dentro alla mente del viaggio ma cade ai suoi lati dai quali raccogliamo le briciole del vedere del sentire freddo in una condizione innaturale in cui l’amico tradisce il vomere alberga immobile la ragione sragiona il sole si spegne
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