Tutto muove dall’esperienza. Il benessere dello spirito crea un argine che qualcuno deve costruire. Ci sono persone che soffrono e non riescono a portare le proprie energie fin dove vorrebbero perché troppo sole, troppo malate, troppo stanche. Dobbiamo trovare in noi stessi un centro invisibile e farlo diventare realtà.
Mio nonno, Gerardino Romano, era un artista naturale, un uomo che faceva della propria vita una forma d’arte; mi ha insegnato ad avere coraggio variopinto delle azioni, a credere tenacemente nel conforto degli altri, a sentire la perfezione muta dell’esistenza come la piena di un fiume che sazia, anche quando distrugge, un equilibrio totale, imprescindibile per la felicità. E mi ha detto di fare cose che tendono alla luce, pur se non la incontreranno mai.
Gerardino Romano affondava le mani nella terra di cui era parte, si faceva carico delle contraddizioni che lo circondavano; a modo suo cercava di raddrizzare le cose storte; aiutava tutti con tutto quel che poteva, e quando non poteva più c’era comunque un sorriso per i numerosi ospiti del suo cuore sempre giovane. Tutti mangiavano alla sua mensa allegra e gustosa.
Per ricordarlo bisogna fare in modo di onorarlo, nel segno delle tracce che ha lasciato: l’amore per i giovani, la comprensione per gli anziani, la semplicità del dono disinteressato ai più deboli, che non si aspettano niente e desiderano un piccolo gesto che ridia loro dignità e pace. “Quelli che non soffrono non riescono a capire la sofferenza”, lo diceva qualcuno che ho molto amato e non c’è più.
Mio nonno, Gerardino Romano, invece, conosceva i valori della sofferenza e le dure regole che essa irreversibilmente scava nel cuore degli uomini.
Il Comitato che promuove la Fondazione che lo ricorda intende intraprendere, a nove anni dalla sua scomparsa, la strada che il tempo ha interrotto, accomunandolo ad altri che qui come altrove hanno lottato nel segno ideale di mondo migliore, non proclamato, non rivendicato ma testimoniato nella faticosa pratica quotidiana. Non c’è futuro senza passato; il presente è solo il ponte che ne copre la distanza. Qualcuno dovrà pur mettersi in gioco, rischiare di perdere qualcosa (magari il superfluo, che tanto ci ingombra) per sperimentarlo!
Gerardino Romano era un uomo qualunque che ha fatto grandi cose, le ha legate strette perché non si perdessero e le ha consegnate al vento dei ricordi. Noi, che le abbiamo ricevute, le offriamo alla curiosità ed all’attenzione di tutti coloro che vorranno raccogliere la sfida di una civiltà sentimentale, forte ed autentica, sprofondata negli abissi dell’oblio eppure desiderosa di riemergere.
Il nostro obiettivo è quello di compiere con spirito di servizio, il sogno che abbiamo conosciuto negli occhi dei nostri padri e che vorremmo rivedere in quelli dei nostri figli. L’arte è il nostro veicolo, il linguaggio senza parole di una preghiera laica che arriva fino al cielo.
La Fondazione, all’esito della sua fase costituente, dovrà trovare una sede stabile e scomporsi in tre Sezioni: una dedicata ai giovani, intitolata “Scuola del Talento”; un’ altra dedicata agli anziani, intitolata “Scuola Memoria”; una terza, infine, dedicata agli ammalati, intitolata “Scuola di Arteterapia”. La proposta è suscettibile di modifiche, in relazione ai contributi di idee che verranno liberamente dal territorio ed ai suggerimenti offerti agli aderenti in seno al vero e proprio processo costitutivo. Lo spirito volontaristico, si auspica, cementerà convinzioni ed entusiasmi. Nulla sarà imposto dall’alto, ma condiviso e partecipato. Chiediamo solo, prima di avviarci nel cammino che ci attende, di specchiarci nelle nostre intenzioni e non trovare ostacoli. Vi ringraziamo sentitamente, ovunque Voi siate.
Telese Terme, Febbraio 2002