Il muro del suono scosse le tende
portò con sé una dilatazione
fragorosa tra soliloqui che
incontrarono paure e lacrime
duramente raccolte dall’Assunta
nella notte della Sua grande Festa.
Fummo esonerati dall’amore
dal rendere riconoscimento
pubblico alle nostre mancanze
ai nostri vuoti di memoria
e non potemmo arruolarci
in alcuna benefica salvezza.
Ci ispirammo alle trasformazioni
subite da coloro che negarono
l’evidenza di crescere indisturbati
senza alcun mondo intorno perciò
sfinimmo lo schianto delle pretese
e facemmo della polvere una statua.
Il capitombolo fu da un’altura
geograficamente non registrata
sulla quale alcuni gerarchi
giocavano compiaciuti alla guerra
negata da osservatori neutrali
bisognosi di novità rassicuranti.
Si disse di portare avanti gli occhi
nell’ingiustizia stilarono nomi fatui
controfigure in calzamaglia che
giacevano sul ciglio del mare nostro
come fosse un pezzo da vetrina.
Convenimmo di tacere fino alla fine
non avendo amore ma pezzi
sganciati dalla realtà bavagli
lettere imbustate da mani
carcerarie che detenevano bugie.
Un anello stradale comparve
all’orizzonte era un stradario
puntiforme che il teschio romano
aveva represso nel sangue era
la civiltà tumultuosa del progresso.
Non incontrammo più nessuno
per non essere tentati di crescere
a dismisura sfidando i relitti che
saremmo diventati con il tempo
cademmo nelle tenebre del vento
improvvisamente adulto su di noi.
Ci cambiò la vita quell’oasi di ciglia
baci sottosopra grida di animali
dispersi che invocano la madre
e praticano l’abbandono agli istinti
come ultima ragione per vivere.
Immaginammo purificammo
nella paura di una notte sembrata
per difetto simile alla moltitudine
stelle cadenti diventate ghiaccio
impedivano alle porte di aprirsi
per ricevere la pioggia benedetta.