Agli altri
Sono ingombranti Superfici espresse Giusto che sappia Dirlo a chi manca Un nostro destino È uniforme a tanti Più di noi agli altri
diario letterario
Sono ingombranti Superfici espresse Giusto che sappia Dirlo a chi manca Un nostro destino È uniforme a tanti Più di noi agli altri
Empire È il possesso Dolente ferita Che alimenta Il sangue rifiuto Vuotare Il segno perfetto L’uomo avvince Nel rumore delle cose Scendendo ravviva La sua origine Portata alle labbra Come un bacio Con la mano
Un sospiro che non si stempera E un sogno che non ha mai fine Questi sono i mondi inascoltati I risvolti che nasconde l’archivio Nel quale la fuliggine è una luce Il pensiero dell’Uno ha l’urgenza Di ripercuotere modelli benedetti Da cui ci dispensa la mano di Dio
La mano delle rose Tende la sua gomena Stride come se il vento Dovesse aprirne la sfera Il verso ha tonalità grigie Punti vista differenti Fa in tempo a chiudersi Che il temporale avanza Discende plumbeo ardente Ingoia il giardino fiorito del cielo Disperdendone i petali
Fragile imperituro addio Che i corpi rifrangono al sole Tutto ha fine si chiude la porta E ci si allontana senza dirselo Con una macchia sulla pelle Le rughe la condizione vuota Dalla quale ci parlano i morti
Non si può Cantare e suonare Produrre e consumare Non si può farlo Nello stesso istante Togliere il legno dal fuoco Come un braccio dall’abbraccio Rimanere monchi Questo chiede la croce Nella basilica d’Assisi Riparare la casa Che Fulcanelli ha bruciato Come la natura si rinnova Finis Gloriae Mundi
Le forme di una sirena Nello specchio d’acqua che si ritrae Indicano l’usignolo che canta L’albero che gli si protende L’equilibrio di una mano carezza Non gli sterpi della catena alimentare La mancanza d’acqua L’ultimo respiro di chi l’ha amata Né il pianto che tutti sentimmo Quel giorno provenire dall’ultimo piano Dello stabile nel quale…
La terra frana Esile figura in bilico Anche un solo istante Può essere immenso E un filo d’erba incolta L’intero universo