Non c’è fame più grande dell’origine
Tramutarsi e non tramutare nascere
In un perenne divenire ripercorrersi
Gioendo con il guizzo d’inesauribile
Ultima separazione d’oggi a domani
Tra segni tangibili di spensieratezza
Chi apre gli occhi sa di tenerli chiusi
Il fuoco della ripetizione brucia lento
Ad ogni dissapore corrisponde altro
Soldatini di carta dipintisi dell’ardore
Riscattando il tempo passato senza
La pausa che avvelena pozzi di sete
Ritrovarsi svegli nel bivacco pudico
Un fascitudine che lega i muscoli e
Tende a far incontrare persone note
Come se nulla fosse accaduto prima
Né fame né sete della così illuminata
Necessità di sentirsi patria e destino