“Non avrei immaginato ci accadesse”
mi disse mio padre. Eravamo ancora
nei primi anni Ottanta cercavo la vita.
Avrei patito e spartito le dita di pietra
che fanno fatica a toccare le carezze
che si danno per correggere un tiro.
Tutto quel che è accaduto dopo spira
sul mare in tempesta sembra la spia
che ruzzola nelle cantine e si ubriaca.
“Perché a noi non sarebbe mai dovuto
accadere?” c’è da chiedersi padre mio.
Sono sepolte le mani senza carezze.
La poesia non è una ritualità magica
né la seduta di uno psicanalista fatta
in casa per affinare la dose benefica.
Vince e perde solo il nostro silenzio
che presto levigherà la mano ferma
come il gelido marmo con una data.