«Credo nella contingenza liberatrice della poesia, nella sua capacità di trasformare la coscienza della società, in quel qualcosa che il suo indeterminato beneficio comporta per il parlante nel progetto senza scopo della ripopolazione spirituale del mondo. Credo in quella socializzazione della felicità, […], credo nella sua argomentazione astratta e nell’inintelligibile messaggio delle cose effimere sulla notte terrena. Penso alla catarsi consolatoria di quanto significa l’interpretazione di un sogno e al paese morale di quelli che ormai vivono nell’aria, penso alla vergogna storica dei crimini civili, alla ripugnante abiezione dei totalitarismi, e penso anche alla criminalità economica, penso a quelli che sono soli e a quelli che nonostante la debolezza continuano a sostenere con forza, l’idea, fatta con parole, che un giorno le stelle saranno per chi le lavora.»
Juan Carlos Mestre, Le stelle a chi le lavora, Multimedia Edizioni, 2012.