Céline soffre di acufeni e altri disturbi
viaggia al termine della notte
cura pazienti poveri
per ammalarsi di loro
ama le ballerine
scende dai crinali dell’immaginazione
con le ossa rotte
scosso da tempeste di noia
blindato nella sua guerra
non si può dire che assapori
l’ira da cui è affetto
recita nei campi di concentramento
tra passages lampade a gas e urina
guada corpi combattenti
quando gli si chiede
cosa ricorda dell’esplosione
risponde che le Fiandre
si conficcano nella testa
come un cimelio di guerra
e che la medicina non segue
il perduto idillio dell’asepsi
cerca sempre un’illuminazione
scuotersi dal sembrare
vestito a festa
un reduce come tutti
che odia il proprio equilibrio
nel mondo compromesso
dall’abbraccio franco-tedesco
lavora solo
accompagnato da tortura e servitù
esposto all’insegnamento
nella scuola dei cadaveri
loglio grano confusi intiepiditi
quel che vuole escludere
dalla sua letteratura
saccheggiata a Montmartre
con le ultime scene dal declino
del nord Europa
cupa afflitta dalla pellagra
lui nega d’essere stato
responsabile della morte della madre
resta elitario legge scrive
pensa a Camus scrivendo a Malaparte
squisito assertore di
una nuova Repubblica delle Lettere
finita in soffitta come la solitudine
ma è tardi per gli stilemi
si spegne con lui l’Occidente
bruciando appunti dattiloscritti
sui quali campeggia un veliero dissolto