Una canzone del ’72 di Guccini
che si sveglia nella testa
prima di me
e si mette a cantare
a voce alta
per dire che c’eravamo anche noi
in quegli anni tormentati e inutili
per chi non poteva manifestare
piangere o gridare
c’eravamo con i nostri
sintomi di un’avventura sorda
le pistole scariche dei giochi
le punizioni secolari
pronti a lanciare anatemi
crociate per un’idea
sepolture d’amore
c’eravamo senza appello
nonostante il nostro nome
non fosse nella lista di proscrizione
con i pantaloni pungenti di lana
una protezione ingiustificata
e quella paura ereditaria
che fosse meglio non correre
agire sporcarsi di vita
c’eravamo anche se contavamo
meno del gatto morto in giardino
di via Girolamo Santacroce
quando le verdi colline
diventavano palazzi
e noi con la nostra paura
figli di una luna coperta di nuvole
mangiatori di fuoco
scrutatori di bianche pareti nascoste
rovistavamo tra le bugie
come torri d’avvistamento abbandonate
nessuno è venuto
a parte mio nonno con i fuochi d’artificio
nessuno è venuto a tenere accesa la luce
mentre le serpi lasciavano il nascondiglio
e impreziosivano il letto di tralci spumosi
volevamo sollevarci toccare il cielo
siamo rimasti quaggiù in silenzio
ma venne Guccini qualche anno dopo
a dirci che il nostro labirinto
era senza uscita
potevamo sederci leggere un libro
accendere una sigaretta e fumare
o cantare con lui dell’incontro sulle scale
sospeso negli anni
fino a quel momento
fino a questo momento
ripetendo a chi ascolta
“il cuore di simboli pieno”