Il tasto delle considerazioni vuole
pretende la nostra uguaglianza ma
noi non siamo uguali bensì nati da
una greppia di disuguaglianza che
fa fatica a raccontarsi diversa e in
un tempo di verità come questo si
impone che la ruga o il greto arido
manifestino la vera natura propria
e non si dica in giro che risorge in
piena integrità quel che è morto a
meno che non sorga intimo atto di
fede si diffonda faccia proseliti la
faccia con quale si va indifferenti
al giorno del giudizio ignari che io
tutti noi siamo lama di un coltello
che recide i legami e recede da qui
con la ferma convinzione di tornare.
Ci viene di continuare a produrre la
vuota realtà della salvezza praline
di cioccolato sorridente al fondo di
una tazza dove a parlare siamo noi.
Si attacca alle dita il lattice di una
scoperta: saremo nati nell’annata
di scadenza della nostra anima con
un pieno rigoglio di fiori apparenti
sul miele che respira sotto le dita
e fa miracoli per raccontare storie.
Nessuno di noi indice una gara di
sano agonismo sul traguardo per
molti versi insolito della dolcezza.
Prendiamo l’ultimo tratto di fiume
e lo nuotiamo evitando gli scogli
come amici a cui dobbiamo afasie
lo addentriamo con bocche salive
lo pernottiamo nelle stanze buie e
quando si china il giorno risaputo
traiamo il figlio dell’arco lanciando
lontano la permissione di una gita.