Svegliarsi deporsi molto similmente
Ora nel giorno universale del giudizio
Chiamarsi in quel cono della sua luce
Non avere nessun’altra riserva vivere
Da qui all’eternità l’istante più atteso
Come ecosistema di fragile ossatura
Perché se appare capace chi agisce
Vince l’ultima mano il solo sovvenire
Inabile al fare disfare vince una stasi
L’immoto certo perenne del disporsi
Guardare la stella cadere nel cratere
E risorgere dal nascondiglio celeste
Per fare di note intime disseminate
Occasione nuova del dolce parlarsi