Rischiamo di avvelenare l’acqua del pozzo. Il sigma nascosto scompone le sue fattezze e torna l’uncino della storia. Siamo ancora una volta divisi, l’uno contro l’altro, la paura che avvince e tiene insieme come una norma grava sulle nostre vite e le conforma. Non siamo liberi al cospetto del dettato costituzionale, che ci rende liberi, perché abbiamo perduto il senso affermativo del sacrificio per la libertà. E sul versante della guerra sepolta leggiamo i segnali della distanza dalle stazioni successive come una mancata promessa. La politica, che siamo noi, ha bocche di odio che non tiene a freno, le fazioni si susseguono in deroga a ogni ordine costituito. Il sole del potere brilla su quei volti ignari di comprensione. Questa è la legge suprema del potere. Il giovane cervo sfuggito alla caccia regale rimane impigliato nella rete. Nessuno segue la sua sorte, sono troppo intenti a gridare voci da stadio sulle posizioni rampicanti del genocidio. I nostri giovani, a frotte, muoiono in casa, distesi sul divano, rapiti dalla visione. Dicono che loro sia il mondo e che la strada è sgombra, ma voi non credete alla perdita della bussola del tempo, in qualche tasca sarà finita. Non credete alla prossima stella cadente, la fortuna è minaccia dal prezzo troppo caro. Il cuore non ce la fa da solo, con ombre del leone addormentato che bevono chinino. Siate onesti, dite ai giovani che la guerra del successo è perduta. Gli occhi pianteranno accampamenti altrove e spariranno dalla vista i corpi martoriati dalla solitudine. L’ultima notte di quiete è rimasta nell’abito di ieri, nel tramonto di ieri, nella sua incertezza, che noi abbiamo creduto vera. Così non c’è risveglio. Neppure per gli insonni. Frenate la lingua. Le parole in cui riconoscersi tacciono. Stiamo arrampicandoci. Stanchi della nostra stanchezza. Possibile che alla nostra età troveremo una meta? Hanno prosciugato l’acqua del lago a cui attingono gli animali delle nostre abitudini. Occorre un nuovo sforzo (nulla può ripetersi), nuovi palpiti del sangue. Chi governa il Paese deve sapere che da così lontano ora si vede il mare, un giorno basterà. Non per la violenza, per la pietà. Ripetete con me: “non avremo nemici, né cattive notizie, né diserzioni, fratelli miei”.
Complimenti l’intelligenza viva ed acuta è sempre bella da “leggere”.
Davide Natale
Grato. Felice Casucci