Istantanee dalla quarantena di Rosanna Fappiano.

a) Libri: «Ho (ri)letto moltissimo durante questo periodo di isolamento, in primis la nostra Costituzione, La metamorfosi e altri racconti di Kafka, i racconti di Sepúlveda, I punti in cui scavare di Flavio Ignelzi, La scuola della disobbedienza di Don Lorenzo Milani, Lo Straniero di Camus, Siddhartha di Hesse, La trilogia della città di K. di Agota Kristof, Le padrone di casa di Maria Pia Selvaggio, Di là dal fiume e tra gli alberi di Hemingway (versione ebook).»

b) Film: «Molto teatro in tv. Le voci di dentro, commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, rimane la  mia preferita.»

c) Colonna sonora: «Manco a dirlo, La Peste di Gaber. Un bacillo che saltella / Che si muove un po’ curioso / Un batterio negativo / Un bacillo contagioso…»

«Il sole continua a sorgere ogni giorno sulle macerie. È il suo modo di amare. Non puoi fermare l’alba, le maree, la primavera. Tutto continua oltre noi, nonostante noi. Ma se la natura generosa e senza tempo, nel suo quotidiano rinnovarsi, non ci priva mai dello stupore acceso alla vita che rinasce ogni giorno, può capitare di trovarsi all’improvviso privato della libertà di poterne godere, in nome di un male maggiore.

Durante il lockdown è stato per me spasmodico e primario attendere alla difesa, estenuante, delle libertà violate. Il diritto primario al lavoro, al movimento, all’istruzione, in nome del diritto pure inviolabile alla salute. Domande su domande, la sensazione che la libertà si potesse perdere per decreto. La caccia all’uomo untore, al proprio simile, ormai potenziale nemico, il baratto di vivere contro quello di morire. E poi la visione della colonna infame, dell’esercito che conduce corpi senza affetti e dignità, al crematorio. Ogni corpo un Uomo privato della propria Storia, offeso, vilipeso. Ho respirato la paura di perdere la mia libertà, di cedere la mia capacità di discernimento, di autotutela, di raziocinante scelta tra il bene ed il male. Tra chi ha paura di perdere la vita e chi la libertà, per me che «libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta».

In queste settimane ora bigie, ora azzurre e terse, interminabili e lente, ho letto e riletto la nostra Carta democratica, così viva e vera che profuma ancora di partigiana libertà. Essa è un atto di amore da perpetuare, senza mai cedere. Ciascuno ha il proprio modo di amare ed è lì che spesso si nasconde la felicità: educare alla libertà come un cuore che batte senza ordini, un Amore che non puoi governare. Il resto è vuoto a perdere, perché la pandemia è ancora qui, resterà tra noi chissà fino a quando. Alla rigorosa segmentazione della città e il confinamento di ogni corpo in ogni casa, si sovrappone l’era della “inclusione esclusiva” o delle app “finalmente” legalizzate a controllare tutto, ma proprio tutto di noi: libertà in frantumi, app(arte).»

Giro giro tondo / cambia il mondo. Giorgio Gaber