La nazione del corpo, i merli a tutela delle pazienti lacrime, il clamore delle offese.
Crescere comanda la convinzione della parola giacente. Gioielli strappati alla vita.
Bocche alle bocche. Un bacio che consola. E non è mai tutto. Siamo angeli di strada.
Pavida stagione tentata, lucore ghiaccio per incendi, mille piedi stretti in una morsa.
La sirena del tramonto continua a raccogliere testamenti fitti di carta e vetro.
Immagini sfuggite alle finestre di una chiesa senza testa, piena di raccoglimento.
Forse non fu confessione ma cuore appassionato per paura di respirare se stesso.
Ospite di passaggio, lo spazzacamino con lo zaino dal quale tira fuori merendine.
Il peso da restituire, prima che cali il sipario, è ancora quello dell’uguaglianza.
Cali il sipario. Tacciano i consigli di stato. I cittadini hanno gli occhi bassi dei cani.
La palla di cannone attraversa i muri, accarezza ed esplode. Sua Benignità in persona.
A chi tocca lo spazio carcerato? All’innocente reso ombra dalla dilagante perfidia?
Lo spazio non può assorbire limiti. Travalica. Prende il gettito dei controlimiti.
Qualcosa accade, scritto in cielo. Il silenzio subacqueo è un rumore assordante.
La notte suggerisce parole che corrono nella testa vuota, fragili parole di canzone.
“Le strade sono giuste, anche quelle sbagliate, basta non esser certi mai” (GP).
Cosa vuoi diventare da grande? Felice, rispose John Lennon al maestro sconsolato.
Questo ragazzo non farà strada, egli pensò. Alcune risposte andrebbero ascoltate.