Le invocazioni saranno sciolte dagli endecasillabi che contempleranno una scritta sul muro nel grembo ribelle di Benaco.
Il nome umano sarà fonte di offesa per chi non porta alcun nome al confine.
La sete che avremo scorrerà senza coprire il décalage della vita nostra bambina.
La marmellata di crespino porterà l’autunno e sarà alimento del matrimonio.
La strada leggerà la bibbia dopo l’unione salda del gelo e della lingua.
Avremo la presunzione degli ignoranti cioè di coloro che negano la puntualità.
Faremo esercizi spirituali orientali per non piangere il cordoglio della nostra morte.
Baceremo il mare dismesso con la bocca avida intemperante ai baci del tradimento.
Il posturologo dirà che dovremo chinarci non rimanere rigidi nel nostro riserbo.
Gli operai grideranno voci in giorni di festa perché la loro festa è spostare le cose.
Ci rivolgeremo con le parole di Apelle al ciabattino che giudicava oltre se stesso.
Gioveremo a Giove che si diverte ai nostri sforzi e desidera i nostri affanni.
Non negheremo di essere rotolati come pietre del rock ai piedi dell’umor nero.
Dormiremo di continuo e non andremo a lavorare pur di non generare un diesis.
Dai vent’anni in poi perderemo terreno sull’avanzata della testuggine romana.
E questo fatto riguarderà quasi tutti perché il disfattismo è una regola elementare.
Ci metteranno tra le riserve poi sempre più indietro nel nostro medesimo interesse.
Avremo tre domande attaccate al collo: sono vivo? per chi? per quanto ancora?
Il lealismo sarà la nuova fede giustificata dalle notti profetiche di Cabiria.
L’amantide religiosa mangerà le nostre teste ad una ad una fino alla confessione.
Daremo notizia senza indugio del marasma che siamo in un sogno fermo uguale.
Le nuvole cadranno a pezzi sui nostri volti silvani divenuti maschere.
Il fazzoletto del prestigiatore nasconderà nel suo polsino i resti mortali.
E il silenzio dei cuori stamperà una scritta sul muro: Ultracrepidario.